Sapere


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Un altra coppia di parole molto interessanti sono “conoscere” e “sapere”. Guardandoli ci sembrano 2 normali sinonimi molto usati nella nostra lingua. Ma in realta dietro a una singola parola c’è sempre un mistero che si nasconde, una storia da raccontare.

Dietro “conoscere” si  nasconde “intelletto”, “ragione”. Conoscere deriva dal latino cognoscere, composto dal prefisso “cum”, che indica lo stare insieme, l’unione, e “gnoscere” che deriva da una radice di origine indoeuropea, che ritroviamo presente anche nel greco con la parola “nous”, “intelletto”.

Dietro sapere c’è il “sale”. Sapere deriva dal latino “sápere”. “Sápere” presenta la stessa radice indoeuropea di “sapore”. Si può dire che il “sapere” e il “sapore” in fondo trasmettono la stessa sensazione e che attraverso il gusto passa il loro riconoscimento.

In cucina quando vediamo che un alimento è troppo insipido, senza sapore, aggiungiamo un po’ di sale. Il sale infatti trasmette un sapore. Quando siamo curiosi e abbiamo necessità di sapere, cerchiamo allora di informarci, di entrare nell’argomento, di assaggiarlo, di condirlo, di gustarlo di fare un esperienza.

Ed esperienza che cosa significa? Da che cosa deriva?

Esperienza” deriva dal latino “ex-per-ire”, dove “ex-ire” significa “uscire” e “per” prende il significato di “attraversare”. Dunque l’esperienza rappresenta l’atto dell uscire dai propri confini, dell’andare più in profondità nelle cose, del cercare, del superare i confini, dell’ andare oltre i confini. Non è parlare di acqua, ma entrare in acqua e bagnarsi.

Mentre sapere significa dunque assaggiare e trovare il sapore, invece conoscere rappresenta l’intelletto, tutto ciò che c’è di razionale. Dove nelle atto di sapere noi andiamo in profondità, facciamo un esperienza, nell’atto di conoscere noi ci chiudiamo nella verità che ci illustrano i libri, le  enciclopedie, i nostri telefonini; dove in realtà non c’è soltanto una povera dimostrazione, un cibo insipido, ma c’è un sapere, un sapore, un gusto…… c’è il sale.

Tratto da: “Ecologia della parola” di Massimo Angelini

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